PAOLO BIELLI “Desidero Ergo Sum” Roberta Giulieni
CRITICA , ESPOSIZIONI - giugno 14, 2011 - 0 Comments
Galleria Sala 1, Roma, 14 giugno – 7 luglio 2011
Paolo Bielli/Marco Schifano “Pelle”, frame video, 4:18 min.
“(…) lembo a lembo si conquista la stoffa della propria individualità,
la cognizione di essere un oggetto separato (…)”
(Didieur Anzieu)
La pelle ed il cervello sono entità di superficie, involucri
stratificati che in comunicazione con l’esterno filtrano gli scambi
con l’interno. Queste superfici costituiscono le frontiere che
permettono lo scambio tra le regioni delimitate della psiche, del
sapere, della società e dell’umanità.
Il pensiero prende forma dalle relazioni e dall’incastro tra queste
membrane. Il registro tattile, origine della vita psichica, fornisce
il fondo mentale creando simbolicamente l’involucro contenitore dei
pensieri.
Sulla pelle vengono inscritte le tracce sensoriali e tattili,
rinviando come uno specchio l’immagine della realtà. Al dato biologico
si somma quello sociale.
Nel lavoro di Paolo c’è la rappresentazione di un sentimento dell’io
che comprende tanto un sentimento mentale quanto un sentimento
corporeo volto alla ricerca di una loro profonda aderenza,
e di un centro che viene proiettato e “puntato” all’esterno, il tutto
espresso attraverso un gioco di sdoppiamenti e sovrapposizioni.
Il corpo, fisico e mentale, è così qualcosa che deve essere
conquistato e con esso il sentimento di unità nel tempo e nello
spazio. A volte però continuità e integrità sono minacciate dal
rischio di una perforabilità e di un deflusso della sostanza vitale.
Compaiono strappi e ferite.
Nel rosso accecante si crea un mescolamento tra repulsione e
attrazione, paura e desiderio, dolore e piacere, dove è il corpo ad
acquistare il massimo rilievo e dietro la bella apparenza delle forme
si cela l’insidia che ne minaccia e compromette l’integrità.
Il rosso per questo domina incontrastato fino al bagliore bianco della
rinascita.
L’involucro si apre e si squarcia per seguire la volontà di una
trasformazione cosciente. Mentre l’uomo si auto-rigenera restando
identico nella “forma”, il cambiamento dallo stesso allo stesso è
avvenuto, e compare quell’al di là del piacere che Roland Barthes
denomina godimento: la rappresentazione di un “sentire” che oltrepassa
la distinzione tra piacere e dolore, inglobando in sè lo spiacevole e
persino il doloroso, “(…) un’esperienza eccessiva che irrompe nella
coscienza individuale come un fulmine, percuotendola e menomandola”
Tutto questo negli occhi di Marco.
ROBERTA GIULIENI